Nove mesi fa la Commissione europea ha avviato un’inchiesta conoscitiva sulla concorrenza sleale della Cina e, più in generale, dell’Est asiatico. Pochi giorni or sono, il 16 marzo scorso, il Commissario al Commercio estero dell’UE, Peter Mandelson, ha presentato al Comitato Antidumping una versione leggermente rivista della sua originaria 'Proposta sull’imposizione di dazi provvisori sulle calzature provenienti da Cina e Vietnam'.
Tenuto conto che i dazi entreranno in vigore il prossimo 7 aprile, sono stati approvati diritti antidumping assolutamente insufficienti pari al 19,4% per la Cina e al 16,8% per il Vietnam. Tuttavia, questi diritti non entreranno in vigore immediatamente, ma saranno “dilazionati” in 5 mesi e da essi saranno escluse sia le scarpe sportive sia quelle per bambini. Tutto questo non corrisponde certo né alla risposta ferma e coerente che ci si aspettava dalla Commissione, né tantomeno alla “crociata anti-Cina” che demagogicamente il Governo italiano aveva promosso.
I dati di fatto, sfortunatamente, descrivono una situazione ben diversa: la verità è che la reazione del Governo italiano alle proposte della Commissione è stata flebile, così come si sono rivelate ancora più deboli le controproposte italiane presentate alla trattativa.
Dopo il confronto con il Commissario al Commercio estero, durante la sessione plenaria del Parlamento europeo, Pia Locatelli – eurodeputata socialista della Rosa nel Pugno nel Gruppo PSE – ha presentato un’interrogazione orale denunciando una situazione non più sopportabile e mettendo alla luce, ad uno ad uno, tutti i vizi di un provvedimento inefficace e pericoloso.
“Si è introdotta una gradualità nell’applicazione delle misure antidumping che non si era mai vista sino ad ora e si persevera nel proporre dazi che per la loro inconsistenza non fronteggeranno mai una situazione di concorrenza sleale che la Commissione stessa definisce grave. Dietro alla difesa dei consumatori, così strenuamente propugnata dal Commissario Mandelson, si nasconde in realtà la supina accondiscendenza verso la potente lobby degli importatori e di coloro che hanno delocalizzato la produzione del Sud-est asiatico. Ciò è dimostrato dal fatto che il costo dei prodotti importati è diminuito del 20% negli ultimi anni, il loro prezzo di vendita è rimasto immutato, mentre i margini di profitto possono superare anche il 100%. Inoltre, non si riesce proprio a capire per quale motivo non si possa giungere ad una nuova definizione delle calzature da bambino diversa rispetto a quella basata sulla misura della scarpa. Com’è possibile che si sia sommariamente stabilito che le scarpe da bambino sono quelle al di sotto del 37,5? E tutte le donne che come me portano calzature di questa misura senza essere bambine da tempo di chi sono clienti? dei negozi per l’infanzia o dei normali circuiti di vendita per adulti ove impazza la concorrenza sleale dei Paesi del Far East e dove le nostre imprese fanno fatica a rimanere competitive sul mercato?”
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